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TIA Janus

Persida Lazarević Di Giacomo

IL CASO ERCOLE SERBO: UN TENTATIVO DI RICOSTRUZIONE DEL DRAMMA DI FRANCESCO DALL’ONGARO

L’Ercole serbo è una pièce teatrale ottocentesca che ‘esiste’ perché è stata rappresentata e di cui ci sono pervenute recensioni e commenti; però si può dire anche che non ‘esista’ perché il testo è scomparso. Il presente lavoro tenterà quindi di chiarirne la storia.

Verso la fine della metà del secolo diciannovesimo lo scrittore triestino Francesco Dall’Ongaro (1808-1873, oriundo, però, di Mansuè di Oderzo, in provincia di Treviso), seguace di Tommaseo e di Mazzini, scrisse un dramma sull’eroe della poesia popolare degli slavi meridionali, Marko Kraljević. Il lavoro, intitolato Ercole serbo, mirava a simboleggiare la lotta degli italiani contro l’oppressione austriaca. Pienamente inserita nel suo tempo, l’opera doveva rivelare la vastità del pensiero patriottico dell’autore. Le difficoltà della valutazione critica dell’opera, però, nascono dal fatto che non ce n’è pervenuta per intero neanche una copia (esiste, dunque, solo una vaga possibilità di valutare l’esattezza della messinscena di Dall’Ongaro).

Questo componimento teatrale fu rappresentato sulle scene italiane durante il Risorgimento: le gesta dell’Ercole serbo divennero, infatti, banco di prova per interpretazioni e commenti da parte dei critici e degli studiosi (e della censura austriaca) i quali, pur non avendo tra le mani il testo originale, si adoperarono largamente a commentarlo, aumentando nel contempo il disorientamento nel pubblico.

Rimane ora, a distanza di un secolo e mezzo, il compito di vagliare con la più cauta attenzione tutti gli elementi del caso: stabilire le tappe della creazione del manoscritto, registrare le rappresentazioni del componimento drammatico e fornire tutti gli elementi opportuni a presumere e giustificare, in un’ulteriore tappa, le tesi sul contenuto del dramma. Tentiamo, dunque, un’ipotesi della ricostruzione del ‘caso’ dell’Ercole serbo.

*

Nel 1856 Francesco Dall’Ongaro, ancora imbevuto dell’ideologia mazziniana sull’associazione dei popoli, scrisse una lunga lettera alla contessa prussiana Ida Reinsberg von Düringsfeld[1], che in quel periodo raccoglieva le poesie popolari dell’Europa, nella quale parla anche del suo dramma su Marko Kraljević:

Scrissi una tragedia di larghe proporzioni Marco Cralievic, tradotta in versi tedeschi da Gabriele Seidl, e in versi slavi da un dalmata – inedita ancora. Sarà uno studio interessante di storia – e la grande e bizzarra figura dell’Ercole slavo, farà qualche impressione nel mondo letterario. La tengo in serbo per tempi migliori – anche perché certe novità di forma che v’introdussi mi susciteranno una polemica fastidiosa.[2]

Questo dramma, rimasto comunque inedito, fu tuttavia accompagnato da critiche contrastanti tra loro. Margherita Trabaudi Foscarini, per esempio, non conoscendo evidentemente a sufficienza le opere slave di Dall’Ongaro, conclude erroneamente che La Vila del Monte Spaccato e La resurrezione di Marco Cralievic sono «piccoli drammi» che «diedero poi vita a drammi di maggiori proporzioni: I Dalmati (o La Danae) e l’Ercole Slavo»[3]. La Vila del Monte Spaccato[4] è una ballata e non un dramma; vi si narra la tragedia di nove fratelli uscocchi e di una loro sorella, rimasta sola, trasformata prima in vila e poi in bora. Anche questa ballata contiene elementi della tradizione orale serbo-croata, tuttavia non ha nulla in comune con la figura di Marko Kraljević, protagonista del dramma Ercole serbo. La resurrezione di Marco Cralievic è una ballata che Dall’Ongaro pubblicò nel 1863[5]. Tre anni più tardi la incluse nella sua Trilogia. Marco Cralievic[6]. Tutti e due i componimenti trattano, è vero, le vicende dell’eroe serbo, liberatore del popolo, ma le date delle loro pubblicazioni e il loro contenuto indicano la loro composizione come successiva allo studio di Dall’Ongaro sulla figura dell’Ercole serbo.

In quanto a I Dalmati[7], qualsiasi allusione a Marko Kraljević č priva di fondamento: il dramma fa riferimento a un avvenimento storico, accaduto nella notte tra il 5 e il 6 settembre del 1812 nel golfo di Trieste, quando la nave francese Danae esplose con a bordo i 350 membri dell’equipaggio. Fu una strage: morirono tutti tranne uno, scagliato con fragore sulla riva insieme agli altri ‘smembrati’ compagni[8].

Dall’Ongaro descrive invece l’amore tra Emma Dragovich, ragazza slava nata a Venezia, e il colonnello francese Enrico La Tour, a cui l’autore dà il ruolo di comandante della nave. Il dramma mette in scena il dolore del padre di Emma e la sua onestà slava; il nocciolo del testo è, però, nella vendetta attuata da Nico, amico della famiglia dei Dragovich. Sarà Nico, alla fine, a far saltare la nave.

Questo dramma è stato più volte rappresentato nei teatri italiani e dalmati (sia con il titolo I Dalmati sia La Danae)[9], quasi dappertutto senza successo. Dall’Ongaro aveva pubblicato nel

1842, a Trieste, La Danae[10], una ballata, le cui sestine anticipano il tema svolto dall’autore nel dramma sui dalmati quali difensori della bandiera di San Marco.

Un altro critico, Ljubomir Durković-Jakšić, arriva addirittura a considerare L’Ercole serbo, la Trilogia Marco Cralievic e La resurrezione di Marco Cralievic come una sola opera! Lj. Durković-Jakšić conclude con superficialitŕ:

Lo scrittore [Dall’Ongaro] ha lavorato a lungo sul dramma di Marko Kraljević. Cominciň a scriverlo nel 1842. Ci lavorň di più nel 1846, e lo terminò nell’anno 1856, poiché già da allora esistevano le traduzioni del manoscritto in tedesco e in serbocroato. Quest’ultima traduzione è di un dalmata. Nel 1863 il dramma è stato rappresentato con grande successo, di cui scrissero anche da noi. Quell’anno fu pubblicata a Firenze la seconda parte del dramma – La resurrezione di Marco Kraljević […]. Il dramma completo fu pubblicato soltanto nel 1866, però questo testo si differenzia da quello che è stato rappresentato.[11]

Le conclusioni di Lj. Durković-Jakšić sull’Ercole serbo paiono ancora più sorprendenti poiché il critico cita continuamente, come fonte, l’articolo di Nićifor Vukadinović, Frančesko Dal’Ongaro – jedan zaboravljeni prijatelj srpskog naroda[12], dal quale non ha potuto di certo trarre informazioni così errate e contraddittorie[13].

Un’osservazione nuovamente scorretta è quella di Raffaello Barbiera, secondo la quale la «trilogia del Marco Cralievic […] fu poi tradotta da Gabriele Seidl in tedesco e da un dalmata in slavo»[14].

Tenteremo di ricostruire le fasi della creazione del dramma di Dall’Ongaro, Ercole serbo, e delle sue rappresentazioni sulle scene dei teatri italiani con la maggiore precisione possibile.

Anche noi, seguendo l’ipotesi di N. Vukadinović[15], riteniamo che Dall’Ongaro inizi il componimento drammatico a Trieste, intorno al 1842. Trieste in quel periodo brulicava di intellettuali provenienti da tutta l’Europa[16], ed era l’agorà dialettica delle idee dei popoli ‘esotici’ e delle teorie del populismo romantico. A questo clima culturale partecipa anche Dall’Ongaro che, tramite Tommaseo e i suoi collaboratori slavi e non (Orsatto Pozza, Ivan August Kaznačić, Michele Fachinetti, Stjepan Ivichevich, Francesco Carrara, Heinrich Stieglitz), tenta di informarsi

a fondo sulla figura di Marko Kraljević. In una lettera del 29 maggio 1845 indirizzata a Tommaseo, Dall’Ongaro fa cenno al nuovo dramma che sta componendo e di cui ha giŕ scritto la metà[17]. Possiamo supporre che si tratti del dramma sull’eroe della poesia popolare serbo-croata.

Nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze è conservata una lettera inedita di Dall’Ongaro a Tommaseo (Tomm. 73.29), nella quale il poeta triestino fa menzione, forse per la prima volta, del dramma:

Caro Tommaseo.

Vi ringrazio della’ [sic!] amichevole vostro consiglio. […] Del resto il Modena è tanto lontano dall’arrendersi alle mie insinuazioni che non ho potuto, se non per sorpresa introdurre alcune parole che alludono nella Danae, al pentimento finale di Nico. […]

Io scrivo adesso di Marco Cralievic – in versi, raffazzonato parte dalla storia, parte dai canti illirici vostri, parte dall’analogia. L’argomento è bello e drammatio: e mi offre il modo di affratellare la linea all’azione. Finito ch’io l’abbia faccio un volo a Venezia e lo leggeremo insieme sperando che vorrete giovarmi de’ consigli vostri, dei quali farò in tempo d’approffittare più che non fui nella Danae. […]

In un’altra lettera a Tommaseo, scritta forse tra il 1845 e il 1846, Dall’Ongaro parla ancora dell’Ercole serbo: «Io spero di vedervi entro il mese e ragioneremo sul Marco Cralievich, di cui questa faccenda de’ canti m’impedì verseggiare l’ultima parte, cioè la visione.»[18] In un’epistola non datata, ma che presupponiamo sia stata scritta durante il 1846 o al più tardi prima dell’autunno 1847[19], Dall’Ongaro, come da consuetudine, informa Tommaseo sul dramma:

L’ultima parte del mio dramma serbico di cui v’accennai, pare che non sarà recitata, ma che riassumerà tutto il lavoro dei cinque atti anteriori; si chiamerà il Sogno di Marco; e sarà un lungo monologo interrotto da cori di Vile ecc. Questo sogno più lirico che drammatico dovrebbe accennare i principali avvenimenti che corsero dalla morte di Marco fino a Milos, e a Cara Giorgio, cioè fino al risvegliarsi dell’Ercole serbo.[20]

Per Tommaseo la poesia popolare è parte integrante della tradizione storica e culturale[21]; appare già chiaro come Dall’Ongaro, seguendo il maestro, cerchi di formare il proprio concetto della poesia popolare nell’ambito della storia, e così scrive al Dalmata:

Per tenermi quanto è necessario alla storia io non ho qui a Trieste che l’Hammer[*]. Ho cercato invano l’Engel[**], che avrei comperato, se non l’avessi potuto avere a prestito. L’Hammer è storico, ma non apprezza i fatti, massime secondarii al suo scopo, come vorrei.[22]

Allo scopo di sapere sempre di più sulla tradizione orale serba, Dall’Ongaro continua a chiedere consigli a Tommaseo:

In questa stretta ricorro a voi: ditemi qualcosetta, se ve ne resta il tempo; o almeno indicatemi la fonte di cui mi potrei giovare: e se questa fonte non costasse denari, e si potesse avere costì, comperatela per me, e speditemela, chè mio fratello ve n’offrirà il mezzo. Sarebbe bene ch’io sapessi tuttociò che resta ancor nella bocca del popolo di Marco Cralievic; il Presani[*] mi disse d’una festa che si celebra ancora nella Bucovina[**] in onor suo; ma la notizia è troppo vaga. Ho rimorso di ricorrere a voi per questo, giacchè so che ora sarete occupato di cose maggiori, e l’amicizia e la bontà vostra v’indurrà, come al solito, a dare a questa cosa più attenzione che il mio lavoro non meriterà certamente. Ma voi mi avete viziato, ed io come segue, ne abuso.[23]

A questo punto pare di poter concludere, nonostante le affermazioni dei critici, che il dramma sia stato scritto entro e non oltre l’autunno del 1847. Quello che rende la questione della creazione del dramma incerta è la risposta dell’autore alle critiche circa la messa in scena dell’Ercole serbo: «Sull’orme del Tommaseo, italiano e illirico a un tempo, mi sono adoperato a trasmettere ai Dalmati i documenti della letteratura italiana, e agli Italiani i primi vagiti dell’arte slava. Il mio dramma è nato in quel tempo e fu tradotto fino dal 1845 nella lingua tedesca ed illirica.»[24]

E’ interessante, da questo punto di vista, che nel marzo di quello stesso 1846 Gabriele Seidl[25], così soventemente citato traduttore del dramma Ercole serbo in tedesco, scriva un lettera a proposito della traduzione e rappresentazione del dramma a Francesco Carrara[26]. Questa lettera, che supponiamo inedita, mette in dubbio la suriportata affermazione di Dall’Ongaro che il dramma fosse stato tradotto sin dall’anno 1845, confermando ulteriormente la nostra ipotesi:

Vienna, 11 marzo 1846

[…]

Per quanto riguarda Dall’Ongaro, La ringrazio. Penso che sarebbe meglio se lui facesse rappresentare il suo nuovo dramma prima in Italia; e se lì piacesse alla gente, allora sarebbe molto più facile presentarlo sulla scena tedesca. Ho paura che questo forse non corrisponda completamente all’interesse tedesco, poiché il nome slavo dell’eroe contiene qualcosa di strano. Però – vedremo! Sarebbe invece opportuno se, una volta finita l’opera, me ne mandasse una copia leggibile, così io potrei dirgli subito se può andar bene per il palcoscenico tedesco oppure no. Per quanto riguarda la traduzione, sarebbe meglio se l’originale e la traduzione potessero apparire contemporaneamente sulla stampa. Mi piacerebbe avere una copia del suo "Fornaretto" appena finita la stampa, giacché ho letto la recensione dell’opera su una rivista e potrei provare ad adattarla in versi. […].[27]

Nell’anno 1847, sulla «Rivista di Firenze» Dall’Ongaro pubblica tre scene del terzo atto[28] del dramma con il titolo Marco Cralievich; il titolo del terzo atto è Casa di Marco Cralievich[29].

Ancora prima Carlo Tenca incominciò una serie di articoli dal titolo comune Letteratura slava, e in un articolo datato 9 ottobre 1847 cita anche Dall’Ongaro: «I lavori di Tommaseo, di Pellegrini, di Dall’Ongaro, di Cusani, che fecero italiani alcuni canti popolari dell’Illiria, appena c’introdussero sul limitare di quel vasto pensiero che dà vita a quattro letterature diverse.»[30] E in seguito, nella nota per Marko Kraljević, Tenca presenta ai lettori della rivista fiorentina il dramma di Dall’Ongaro con la speranza che incontri l’approvazione generale[31].

Finalmente, nel 1856, Dall’Ongaro scrive alla contessa prussiana Ida Reinsberg von Düringsfeld che il dramma è stato ultimato e tradotto in tedesco e in «lingua slava»[32].

Più tardi, nell’Italia unita, Dall’Ongaro offre questo dramma al famoso attore Tommaso Salvini[33] affinché lo metta in scena. Salvini, che in quel periodo annoverava nel suo

repertorio Alfieri e Shakespeare, accettò di rappresentare l’Ercole serbo. L’attore ricorda così quegli anni:

Francesco dall’Ongaro fu più poeta che autore drammatico, sebbene il suo Fornaretto abbia tutti i requisiti che si richiedono per il dramma storico: però devesi convenire che tutti gli altri suoi componimenti scenici sono fatti più per leggere che per rappresentarsi. Il suo Ercole Serbo, come L’Ultimo dei Baroni non ressero molto sulle scene italiane, abbenché non manchino di pregi poetici e letterari. Quasi a tutti i suoi componimenti io servii d’obbiettivo, e col più amichevole zelo, mi compiacqui d’illustrarglieli per quanto il mio ingegno lo permetteva. Ed infatti cominciai all’età di 15 anni a rappresentargli il Fornaretto quand’ero con Gustavo Modena; fui il primo ad interpretargli l’Ercole Serbo […].[34]

Dopo aver letto il dramma di Dall’Ongaro, Salvini, con la sua esperienza di grande artista teatrale, fece alcune osservazioni sulla rappresentazione scenica dell’opera. La seguente lettera di Salvini merita di essere riportata integralmente:

Carissimo Dall’Ongaro,

Roma, 25 gennaio 1862.

Lessi il vostro Ercole Slavo, e a mio credere, oltre di essere uno fra i più begli slanci della poetica vostra mente, possiede interesse scenico ed effetto Teatrale. Due però sono le osservazioni che mi permetterò di farvi rimarcare, e queste due mie osservazioni vengono dettate dalla sola esperienza scenica che posseggo. La prima si è d’aver fatto di Velina un’altra parte, non meno interessante di Vila; quindi, ne avviene, che se l’una o l’altra non viene eseguita dalla prima Donna, in parte perde l’interesse l’azione, e sì l’una e l’altra abbenchè interessanti per la figura, sono di poco rilievo per una prima Donna come Cazzòla. La seconda, è che Urosio viene troppo inaspettato sulla scena al quinto atto, e forse il Pubblico troverebbe che l’autore abbisognasse troppo di questa apparizione per terminare il Componimento. Potrei ingannarmi, ma temo troppo d’aver ragione. Bisognerebbe quindi accrescere, o l’una o l’altra parte delle due donne, e far sì che Urosio si sapesse dalla madre, o da Velina che deve ritornare; quindi, fra la scena di Marco con Velina lasciare un intervallo maggiore alla venuta d’Urosio. Nel leggerla e ponderarla mi saltarono alla mente questi due inconvenienti, che si potrebbero di leggeri togliere, e rimediarli. La Veronica Cibo piacque molto alla Cazzòla. Ora, di questi due Componimenti sarei disposto d’intendermi sulle condizioni, le quali trovando convenienti, con sommo piacere ne adornerei il mio repertorio. Tante cose per parte della Clementina, e un abbraccio dal

Vostro aff. Amico
TOMMASO SALVINI.[35]

Il 23 dicembre di quello stesso anno, il 1862, esce, sulla rivista zaratina «La Voce Dalmatica», la recensione della rappresentazione teatrale dell’opera Ercole slavo[36], in cui veniamo a

sapere che sede delle prime rappresentazioni dell’opera fu il Teatro Carcano a Milano, anche se nell’articolo non sono indicate le date in cui furono effettuati gli spettacoli. Il 27 gennaio 1863 la «Danica» di Novi Sad riporta, invece, la notizia della rappresentazione del dramma al Teatro La Scala:

A Milano al teatro La Scala hanno presentato con grande successo un dramma scritto dall’italiano Dall’Ongaro, intitolato L’Ercole serbo, in cui il protagonista principale è il nostro Marko Kraljević. Gli interpreti indossavano vesti folcloristiche serbe, fatte in base ai disegni inviati dal pittore Salghetti a Zara. Dall’Ongaro ha preso il suo soggetto da uno scritto di Tommaseo su Marko Kraljević. Lodano la bellezza della lingua e i versi limpidi di quest’opera.[37]

Da notare l’uso del termine serbo: il dramma, infatti, fu presentato al pubblico di Milano con il titolo Ercole slavo e non Ercole serbo, come afferma Nikša Stipčević, «su richiesta della censura italiana che non intendeva venire in disfavore all’Austria.»[38]Dall’Ongaro scrive, a questo proposito, a Salvini:

Milano, 26 settembre ’63.

Mio caro Tommaso

[…]

Mando oggi al giornale Il Tempo alcuni cenni prudenti sul Marco Cralievic. Poni pure questo titolo senz’altro "ossia" (abolendo cioè il sottotitolo Ercole serbo).

Il tuo Dall’Ongaro.[39]

Su «La Voce Dalmatica» del 3 gennaio 1863, Dall’Ongaro aveva però già spiegato, senza giri di parole, il motivo causa del cambiamento del titolo:

[…] titolo […] doveva essere l’Ercole serbo, titolo più modesto e più vero, che non è l’Ercole slavo. Ma essendo corso l’errore, nella copia che ebbe il bollo della revisione teatrale a Torino, la Questura di Milano non ci permise di correggerlo; temendo forse che il nome d’Ercole serbo, ora che il Cuza restituisce ai Serbi l’armi mal tolto, possa turbare i suoi sonni e l’ordine europeo che difende.[40]

In «Danica» del 10 novembre 1863 viene pubblicato un articolo nel quale si illustra nei dettagli la rappresentazione triestina del dramma. Da questo risulta che la sera del 7 (19) ottobre la comunità slava di Trieste ha donato, per l’eccellente interpretazione di Marko Kraljević, un buzdovano (clava) all’attore Tommaso Salvini[41].

Dall’Ongaro, avuta notizia del successo della rappresentazione tre giorni più tardi, scrive da Torino una lettera a Salvini:

Veggo che il Marco ebbe successo. E’ vero che i Dalmati ti hanno offerto un "busdovano" ricco? – Vi è un luogo nelle ballate in cui Marco scrive una lettera con una penna d’oca che portava sempre con sé, come altresì il calamaio, alla cintura. Mi aspetto che qualche Slavo me ne mandi una, perché ne scriva uno di più bello!![42]

I testi sopra riportati permettono, dunque, di stabilire che a Trieste, al teatro «Armonia»[43], si tennero delle rappresentazioni che incontrarono il favore del pubblico. Dai documenti rimastici risulta che, nel periodo compreso tra il 3 settembre 1863 e il 28 ottobre 1863, abbia lavorato presso il teatro «Armonia» di Trieste la compagnia teatrale Stacchini[44], e non quella di Tommaso Salvini, ma in quell’anno Salvini era membro della compagnia di Antonio Stacchini: «Nel 63 feci alcune brevi stagioni con una compagnia condotta da Antonio Stacchini, eccellente artista generico»[45], commenta Salvini.

Possediamo tre Distinte dell’introito serale del teatro triestino «Armonia»[46], dalle quali sappiamo che le rappresentazioni ebbero luogo fino al 23 ottobre. Possiamo supporre che le rappresentazioni siano state date di lunedì, di mercoledì e di venerdì.

Abbiamo anche il Motivato parere sull’ammissibilità, o meno, della produzione, e proposta delle variazioni, od esclusione di singoli passi, che occorresse di prescrivere della polizia di

Trieste. Qui è riportato il duplice titolo del dramma: Marco Cralievic – L’Ercole slavo, con la seguente nota: «dramma in versi di Francesco Dall’Ongaro (manoscritto)»[47]; viene messo in rilievo il fatto che le rappresentazioni si sarebbero tenute al teatro «Armonia» e che il direttore della compagnia era Stacchini. Si sottolinea che la rappresentazione del dramma Marco Cralievich – L’Ercole slavo è stata:

Ammessa fatta stessa condizione del visto anteriore, cioè, che si ommetta lo squarcio lirico nel IV atto sc. 2da […] <Terra crudel di sangue sitibonda – Dopo l’età, che Dio condanna al lutto, verrà la mia> e non siano stampati sul manifesto dello spettacolo i cenni storici che precedevano il drama [sic!][48].

Finita la tournée triestina, il dramma viene messo in scena a Firenze, purtroppo senza successo. La rappresentazione ebbe luogo, molto probabilmente, nel dicembre 1863, quando la compagnia teatrale Stacchini soggiornò nella città[49]. La rappresentazione dovrebbe essersi tenuta al

teatro Niccolini[50], sebbene i Rapporti degli Ufficiali d’Ispezione ai teatri[51] per l’anno 1863 a Firenze non facciano menzione dell’Ercole slavo, in dicembre, ma registrino un altro lavoro di Dall’Ongaro, Il Povero Fornaretto, messo in scena il 13 febbraio del 1863.

Nel 1865 appare, su «Danica», la poesia di Orsatto Pozza[52], La Serbia saluta l’Italia nell’anniversario di Dante il 14 maggio del 1865 a Firenze [Srbija pozdravlja Italiju pri dantovoj svetkovini 14 svibnja 1865. u Fiorenci][53]. Nella nota si rileva che questa poesia del conte Pozza è stata tradotta in italiano dal: «[…] famoso poeta contemporaneo italiano F. Dall’Ongaro, che due anni fa ha scritto il dramma italiano “Kraljević Marko”.»[54]

Questo è quanto si evince dai documenti che ci sono pervenuti sul destino del dramma di Dall’Ongaro. Dopo le nostre ipotesi circa la nascita e la messa in scena dell’Ercole serbo, rimane il compito di analizzare, sulla base dei documenti posseduti, i vari aspetti del contenuto dell’opera stessa per tracciare un profilo storico-letterario del testo originale.

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1 Reisnberg von Düringsfeld, Ida (1815-1876), scrittrice prussiana. Nel 1852 venne in Dalmazia e vi rimase più di un anno; in quell’occasione incontrò il pittore zaratino Salghetti (v. nota 36). E’ autrice dell’opera Aus Dalmatien (1857). Anche il marito di Ida, Otto Reinsberg von Düringsfeld, diede un resoconto oggettivo della storia di Montenegro (1858). V.: N. Beritić, Dalmatinske teme Ide Düringsfeld, Anali Historijskog instituta JAZU u Dubrovniku, 1970, XII, pp. 367-388; O. Elermajer-Životić, Iz nemačko-jugoslovenskih književnih veza: Hajnrih Štiglic (1801-1849), Beograd, SANU, 1991, pp. 304-306.

2 A. De Gubernatis, F. Dall’Ongaro e il suo epistolario scelto, Firenze, Tipografia Editrice dell’Associazione, 875, p. 373. Per quanto riguarda il duplice titolo del dramma, cioè sia Ercole serbo che Ercole slavo v. note 38 e 39 del presente lavoro.

3 M. Trabaudi Foscarini, Francesco Dall’Ongaro. Note di critica letteraria, Firenze, F. Le Monnier, 1924, p. 213. La studiosa si contraddice quando precedentemente dichiara: «Del tempo di Trieste è anche – sebbene rimasto inedito e rappresentato molti anni più tardi a Firenze – il Marco Cralievich e Ercole slavo e la ballata con lo stesso titolo […].», ibidem, p. 49.

4 Il titolo completo è La Vila del Monte Spaccato o l’origine della Bora (La Memoria. Nuove ballate di Francesco Dall’Ongaro con note storiche, Trieste, 1842; ripubblicata poi in Fantasie drammatiche e liriche, Firenze, Successori Le Monnier, 1866). Supponiamo che Dall’Ongaro avesse composto questa ballata anche prima del 1842. Nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (da qui in avanti: BNCF) c’è una lettera inedita di Dall’Ongaro a Tommaseo (Tomm. 73.30) che pare confermare la nostra ipotesi:

«C.T.

22. Decembre 1840.

[…] Ho fatto una ballata sull’origine della Bora – ballata di carattere e argomento illirico. Ve la manderò, se presto non vengo.»

Siamo quasi certi che si tratti della ballata La Vila del Monte Spaccato.

5 Firenze, Tip. Garibaldi Dir. da L. Ricci.

6 F. Dall’Ongaro, Fantasie drammatiche e liriche, op. cit., pp. 345-378. In questa edizione la terza parte porta il titolo de L’Apparizione, a differenza dell’edizione del 1863 (v. la nota precedente), quando lo stesso brano venne intitolato La Sacra Alleanza de’ popoli.

7 Torino, Carlo Schiepatti Editore, 1847.

8 Cfr.: G. Caprin, Tempi andati. Pagine della vita triestina (1830-1848), Trieste, Stabilimento Artistico-Tipografico G. Caprin, edit., 1891, pp. 19-22.

9 Siamo a conoscenza delle seguenti date delle rappresentazioni del dramma I Dalmati: il 16 oppure il 17 settembre 1845 al Teatro Filodrammatico di Trieste (G. Caprin, Tempi andati, op. cit., p. 23); nella primavera del 1846, al Teatro Apollo di Venezia (ibidem); il 25 aprile 1846 al Teatro di Zara («La Dalmazia», 2/1846, n. 17, p. 135); l’anno 1881, presso l’Anfiteatro «Fenice» a Trieste (S. Monti, Il teatro di prosa a Trieste nell’Ottocento. Letteratura e società, s.l., Palombo, s.d. – Biblioteca Civica di Trieste, Rac. Patria, 3-3603).

10 Fantasie drammatiche e liriche, op. cit., pp. 107-115.

11 Lj. Durković-Jakšić, Njegoševa pripovetka, Beograd, Univerzitetska biblioteka «Svetozar Marković», 1974, p. 39 (se non diversamente specificato, tutte le traduzioni sono nostre): «Pisac [Dal’Ongaro] je dugo radio na drami o Marku Kraljeviću. Počeo ju je pisati 1842. godine. Najviše je radio na njoj 1846. godine, a završio ju je 1856. godine, pošto su već tada postojali prevodi njegova rukopisa na nemački i srpskohrvatski. Ovaj poslednji prevod je od nekog Dalmatinca. Godine 1863. drama je prikazivana s velikim uspehom, o čemu je pisano i kod nas. Te godine objavljen je u Firenci drugi deo drame – Vaskrs Marka Kraljevića […]. Cela drama je objavljena tek 1866. godine, ali se ovaj tekst razlikuje od onog koji je prikazivan.»

12 «Prilozi za književnost, jezik, istoriju i folklor», knj. V, sv. 1-2, 1925, pp. 1-14.

13 Lj. Durković-Jakšić aggiunge anche il seguente commento: «Secondo un giudizio Usca e L’Ercole serbo sono le più belle opere di Dall’Ongaro.» (Njegoševa pripovetka, op. cit., p. 39: «Po jednoj oceni Usca i L’Ercole serbo su najljepša Dal’Ongarova dela.»). Lj. Durković-Jakšić cita poi in nota la fonte di questa informazione: C. Curto, La letteratura romantica della Venezia Giulia (1815-1848), Parenzo, Stab. Tip. G. Coana & Figli, 1931, p. 293. Anche questo è un errore, poiché a pagina 175, e non 293, vengono elencate le opere La Vila del Monte Spaccato e la trilogia Marco Cralievic, e non il dramma L’Ercole serbo.

14 C. R. Barbiera, Simpatie. Studi letterari, Milano, N. Battezzati e B. Saldini Coeditori, 1877, p. 131, e id., Ricordi delle terre dolorose, Milano, Fratelli Treves, Editori, 1918, p. 187.

15 Frančesko Dal’Ongaro – jedan zaboravljeni prijatelj srpskog naroda, op. cit.

16 Sul clima culturale a Trieste nel secolo scorso v.: A. Tamaro, Storia di Trieste, Trieste, Edizioni Lint, 1976; E. Apih, La società triestina tra il 1815 e il 1848, s.l., Tip. D. Del Bianco & Figlio, s.d.

17 A. De Gubernatis, F. Dall’Ongaro e il suo epistolario scelto, op. cit., pp. 130-131: «Voi mi mettete in pensiero su ciò che dite sul tema del nuovo dramma. Contuttociò come vi ho pensato molto, e l’ho condotto a mezzo, penso di tirarlo a fine, non foss’altro per addestrarmi nel dialogo. Piuttosto che scriverne, vorrei parlarne a lungo con voi; e lo farò, come prima ci rivedremo; e farò senno, come sempre de’ vostri consigli.»

18 Ibidem, p. 135.

19 Cfr. più avanti le date della pubblicazione del III atto del dramma.

20 A. De Gubernatis, F. Dall’Ongaro e il suo epistolario scelto, op. cit., p. 140.

21 M. Drndarski, Nikola Tomazeo i naša narodna poezija, Beograd, Institut za književnost i umetnost, 1989, p. 27.

22 A. De Gubernatis, F. Dall’Ongaro e il suo epistolario scelto, op. cit., p. 140.

[*] Giuseppe Cav. De Hammer [Joseph von Hammer-Purgstall], Storia dell’Impero Osmano [Geschichte des Osmanisches Reichs] (trad. S. Romanin), voll. 24, Venezia, Dai tipi di Giuseppe Antonelli Editore Libraio-Calcografo, 1828.

[**] Johann Cristian Engel, Allgemeine Welthistorie, Halle, bei Johann Jacob Gebaue

23 A. De Gubernatis, F. Dall’Ongaro e il suo epistolario scelto, op. cit., pp. 140-141 (il corsivo è nostro).

[*] Probabilmente si tratta dell’ingegner Valentino Presani di Udine. Egli progettò il camposanto di Zara e la strada di Velebit.

[**] Bucovina è la regione che appartiene parte all’Ucraina e parte alla Romania. Supponiamo che si tratti di Bukovica in Dalmazia, dove, agli inizi del secolo decimonono, veniva coltivata la poesia popolare serbo-croata. V.: V. Ardalić, Bukovica. Narodni život i običaji, «Zbornik za narodni život i običaje Južnih Slavena», Zagreb, JAZU, knj. XI, sv. 1, 1906, pp. 1-50; id., Godišnji običaji (Bukovica u Dalmaciji), «Zbornik za narodni život i običaje Južnih Slavena», knj. XX, sv. 1, Zagreb, JAZU, pp. 32-52.

24 Ancora sull’Ercole Slavo del signor Dall’Ongaro, «La Voce Dalmatica», Zara, 03/01/1863, a. IV, n. 1.

25 Seidl, Johann Gabriel (1804-1875), archeologo, poeta e traduttore austriaco; aveva tradotto anche la poesia Uska di Dall’Ongaro. V.: M. G. Hall / G. Renner, Handbuch der Nachlasse und Sammlungen österreichischen Autoren, Wien, 1992; F. Wilhelm, Deutsche Dichterhandschriften von 1400 bis 1900. Gesamtkatalog den egenhanden Handschriften deutschen Dichter in die Bibliotheken, Archiven Deutschlands, Österreichs, der Schweiz, und CSR, Leipzig, 1934.

26 Carrara, Francesco oppure Karara, Franjo (1812-1854), archeologo, storico e scrittore di Spalato. Carrara si interessava di letteratura contemporanea italiana, tedesca e francese e di filologia slava. Si recava spesso a Trieste e soggiornò anche a Vienna. A Dall’Ongaro e a Tommaseo fu utile per la collaborazione nell’interpretazione dei canti popolari serbi di Vuk. E’ anche autore dell’opera Dalmazia descritta, Zara, 1846.

27 Ringraziamo il personale del Museo Archeologico di Spalato che ci ha inviato il carteggio Carrara-Dall’Ongaro:

«Wien, 11. Marz 1846.

[…]

In Bezug auf dall’Ongaro dancke ich Ihnen. Ich denke, es waere besser, wenn sein neues Dramma früher in Italien aufführen liesse; denn gefällt es dort, so ist es leichter auf die deutsche Bühne zu bringen. Ich fürchte, dass es vielleicht den deutschen Interessen, nicht ganz entspricht, schon der Slavische Name der Helden hat etwas Fremdartiges. Doch - wir werden sehen! Es wird nur lieb seyn, wenn er mir gleich nach der Vollendung desselben eine lesbare Copie überschickt, damit ich im schnelle sagen kann, ob es für die deutsch Bühne passt oder nicht. Wenn es zu übersetzen ist, so wäre es dann recht gut; wenn Original und Uebersetzung gleichzeitig in Druck erscheinen könnten. Auch hätte ich vom seinem "Fornaretto" gerne gleich nach vollendetem Drucke ein Exemplar, weil ich das Stück in einem Journal besprechen und Proben darau in metrischer Bearbeitung geben möchte. [...].»

28 E non la prima scena dell’atto terzo, come segnala erroneamente Mate Zorić in Talijanski pisci o nama i našim književnostima, «Književna smotra», Zagreb, III/1971, n. 8, p. 78, in Croati e altri Slavi del Sud nella letteratura italiana dell’800, «Studia Romanica et Angelica Zagabriensia», 1972-1973, n. 33-36, p. 156 (44), in Italia e Slavia. Contributi sulle relazioni letterarie italo-jugoslave dall’Ariosto al D’Annunzio, Padova, Editrice Antenore, 1989, p. 430, in Dalle due sponde. Contributi sulle relazioni letterarie italo-croate, Roma, Il Calamo, 1999, pp. 349, 373, e in Osamdeset pisama iz prepiske Tommaseo-Carrara in: Hrvatsko-talijanski književni odnosi, ur. M. Zorić, knj. VII, Zagreb, Zavod za znanost o književnosti, 2000, p. 436.

29 «La Rivista di Firenze», 19/10/1847, n. 38, III serie, pp. 150-151.

30 C. Tenca, Letteratura slava, «La Rivista di Firenze», 09/10/1847, n. 36, III serie, p. 142.

31 Ibidem, 19/10/1847, n. 38, III serie: «Il nostro egregio Collaboratore Francesco dall’Ongaro ha voluto gentilmente concederci di inserire nella Rivista alcune scene di un suo bel dramma inedito che s’intitola dal nome dell’eroe dei Serbi. Sarà grato questo dono ai nostri lettori, sia perché vale ad iniziare sempre più chi ne sia vago alla vita di quel popolo slavo che è così sconosciuto fra noi e chiamato per la sua forza e per la sua tradizione a così gloriosi destini, sia perché un lavoro di un applauditissimo ingegno qual è il Dall’Ongaro non può che ottenere il suffragio universale.»

32 Cfr. nota 2 del presente lavoro.

33 Salvini, Tommaso (1829-1915), attore e patriota italiano. Insieme a Gustavo Modena ed Ernesto Rossi rappresentava la scena italiana del XIX secolo. Per Salvini v.: A. De Gubernatis, Italia illustre. Galleria di Ritratti Biografici di Contemporanei Italiani. Tommaso Salvini, Roma, Presso l’Autore, s.d.; E. Buonaccorsi, La recitazione del «grande attore». Da Gustavo Modena a Tommaso Salvini, Genova, Istituto di storia dell’Arte, 1974.

34 T. Salvini, Ricordi aneddoti ed impressioni, Milano, F.lli Dumolard, 1895, p. 200.

35 A. De Gubernatis, F. Dall’Ongaro e il suo epistolario scelto, op. cit., p. 216.

Clementina Cazzòla era nota attrice e compagna di Tommaso Salvini. V.: E. Cuoghi, Clementina Cazzola: una grande attrice dell’Ottocento: (1831-1868), Mantova, Provincia, Casa del Mantegna, 1990.

36 L’Ercole slavo, tragedia di F. dall’Ongaro, «La Voce Dalmatica», Zara, 31/12/1862, a. III, n. 65.

37 «Danica», 27/01/1863, god. IV, br. 4, p. 64: «U Milanu u teatru Skali predstavljali su s velikim uspehom jednu dramu, koji je italijanski pesnik Dal’Ongoro [sic!] pod naslovom "L’Ercolo [sic!] serbo" (srbski Herkul) napisao, a kojoj je glavno lice naš Marko Kraljević. Predstavljači su bili u srbskom narodnom odelu, koje su načinili po nacrtima, što ih je poslao slikar Salgeti u Zadar. Ongoro je uzeo svoj predmet iz jednog spisa Tomazeovog o Kraljeviću Marku. Hvale tom delu lepotu jezika i čiste stihove.»

Salghetti fece i disegni per gli abiti di scena. Dall’Ongaro ne scrive così a Tommaseo: «Il Salghetti mi mandò, da me richiesto, alcuni disegni per le vesti e le decorazioni. Scrivendomi, mi toccò di alcuni quadri di argomento sacro a cui sta lavorando assiduamente.» (A. De Gubernatis, F. Dall’Ongaro e il suo epistolario scelto, op. cit., p. 141).

Salghetti-Drioli, Francesco (1811-1877), famoso pittore dalmata. Studiò e visse anche in Italia. Fece il ritratto a matita di Dall’Ongaro tra il 1859 e il 1873. Suo fratello, Giovanni Salghetti-Drioli (1814-1868), fu musicista e compose anche per Dall’Ongaro. V.: A. Petričić, Zadarski slikari u XIX stoljeću, Zagreb, JAZU, 1959, pp. 215-237.

38 N. Stipčević, Pogled na prevode srpskohrvatskog usmenog pesništva u Italiji, «Zbornik MS za književnost i jezik», knj. XXIII, sv. 3, 1975, p. 455: «na zahtev italijanske cenzure koja nije htela da se zameri Austriji.»

39 C. Salvini, Tommaso Salvini nella storia del teatro italiano e nella vita del suo tempo, Rocca San Casciano, Cappelli, 1955, p. 217.

40 Ancora sull’Ercole Slavo del signor Dall’Ongaro, op. cit.

Cuza, Alexandru (1820-1873), principe rumeno.

41 God. IV, br. 45, 720. Proponiano qui un altro esempio della stessa dedica scritta in italiano: «A Tommaso Salvini – che – nella sera del 19 ottobre 1863 – colla potente sua favella – evocando – dal regno dei beati – Marco Cralievic – l’Eroe Serbo – ridestava – nei petti degli Slavi – le gioie e i dolori – assopiti da secolari pianti, - le glorie e le speranze – delle genti Slave. – Fra gli applausi e le corone – questa Clava – ad eterna memoria – a Lui – consacrano – gli Slavi in Trieste -» (C. Salvini, Tommaso Salvini nella storia del teatro italiano e nella vita del suo tempo, op. cit., p. 218).

42 C. Salvini, Tommaso Salvini nella storia del teatro italiano e nella vita del suo tempo, op. cit., p. 218.

Notiamo che Dall’Ongaro, poi, nella sua trilogia Marco Cralievic citò questo calamaio, «O calamaio d’oro», e va paragonato con il passo dai Canti illirici di Tommaseo quando Marko, prima di morire, butta il calamaio d’oro che porta alla cintura. I versi di Dall’Ongaro sono i seguenti: «Itene o fogli, itene, o penne argute, / O calamaio d’oro» (p. 351). Quelli di Tommaseo (p. 257) seguono più da vicino la poesia popolare serbo-croata: «L’aureo calamaio nel pozzo gettò» (cfr.: Smrt Marka Kraljevića in Vuk Stef. Karadžić, Srpske narodne pjesme, II, Beograd, Nolit, 1972, p. 277: «zlatan divit u bunar bacio»). Da sottolineare che, sempre nella Trilogia. Marco Cralievic, Marko cerca anche la penna che l’autore aveva nominato nella lettera a Tommaso Salvini.

43 E non nel Teatro Grande come cita Celso Salvini in Tommaso Salvini nella storia del teatro italiano e nella vita del suo tempo, op. cit., p. 217, e nemmeno nel Teatro Mauroner come segnala Giulio Piazza in Francesco Dall’Ongaro a Trieste, «La Porta Orientale», Trieste, gennaio-dicembre, 1932, a. II, n. X.XI, p. 615.

44 Ringraziamo, per questa informazione, il Civico Museo Teatrale «C. Schmidl» di Trieste. V.: C. Calvi, Antonio Stacchini, Firenze, Tip. Orfeo, 1872.

45 T. Salvini, Ricordi aneddoti ed impressioni, op. cit., p. 216.

46 Cogliamo nuovamente l’occasione per ringraziare il personale del Civico Museo Teatrale «C. Schmidl» di Trieste il quale, gentilmente, ci ha inviato tre distinte dell’introito serale della rappresentazione del dramma in questione: n. 45 del 19 ottobre, n. 47 del 21 ottobre e n. 49 del 23 ottobre del 1863. Nella distinta n. 45 si riporta: «Beneficiata dell’Artista Tommaso Salvini» e introito «a favore Stacchini», dopo la trattenuta delle tasse, affitto del teatro e spese serali.

47 Questo documento si trova nel Fondo Direzione di polizia di Trieste. Atti presidiali riservati (1814-1918), b. 346, mod. A, n. 45, 1863. Il presente materiale ci è stato mandato dal personale dell’Archivio di Stato di Trieste, che ringraziamo per la gentilezza.

48 Ibidem. Cfr. questo passo con i versi quasi identici nella Trilogia. Marco Cralievic, op. cit., p. 371 (e La resurrezione di Marco Cralievic, op. cit., pp. 22-23): «Terra crudel di sangue sitibonda, / Sangue tu vuoi! / Invan di sue rugiade il ciel feconda / I campi tuoi! / Fratel contro fratello il ferro stringe, / Empi ambigui: / Del padre il sangue la porpora tinge / Ai figli altrui. / Oh! Della pace il dì beato e santo / T’augurerei: / Ma un fior tu neghi, se di sangue e pianto / Unta non sei! / Cresca il cruento fior, maturi il frutto, / Quale ch’ei sia! / Dopo l’età che fu dannata al lutto, / Verrà la mia!»

49 C. Salvini, Tommaso Salvini nella storia del teatro italiano e nella vita del suo tempo, op. cit., p. 219. Nel 1863 A. Stacchini inviò al ministro Cavour un elenco degli attori della sua «Compagnia drammatica italiana» in cui, oltre a Stacchini stesso, recitavano anche Tommaso Salvini e Clementina Cazzòla. Uno dei drammaturghi della compagnia era proprio Dall’Ongaro, e la compagnia recitava a Parma, Milano, Trieste, Vicenza, Firenze, Ancona e Genova. V.: C. Calvi, Antonio Stacchini, op. cit., pp. 10-11.

50 C. Salvini, Tommaso Salvini nella storia del teatro italiano e nella vita del suo tempo, op. cit., p. 219.

51 Anni 1854-1875, Archivio Storico di Firenze, stanza 2, 3774.

52 Pozza, Orsatto oppure Pucić, Medo (1821-1882), rappresentante della poesia romantica serba. Oriundo di Dubrovnik, collaborava alla rivista triestina «La Favilla» (per la quale fu autore, insieme a Kaznačić, di una serie di articoli intitolati Studi sugli Slavi, pubblicati tra il 1842-1844). E’ autore del poema Karađurđevka, della raccolta di liriche Talijanke, e della novella in versi Cvijeta, che richiama alla memoria La perla nelle macerie di Dall’Ongaro. V.: N. Stipčević, Pucićeva «Cvijeta» i novela u stihu, «Prilozi za književnost, jezik, istoriju i folklor», knj. 57-8, 1991-92, pp. 43-51.

53 «Danica», 31/10/1865, god. VI, br. 30, p. 708. In occasione del VI Centenario di Dante Alighieri a Firenze Medo Pucić rappresentň la «Societŕ per la storia e le antichità jugoslave» («Društvo za povesnicu i starine jugoslovenske»). V.: N. Stipčević, Poglavlja o italijansko-srpskim kulturnim vezama, «Prilozi za književnost, istoriju i folklor», Filološki fakultet, Beograd, knj. XXXVII, sv. 1-2, 1971, p. 30.

54 Ibidem: «[…] slavljeni današnji pesnik talijanski F. Dall’Ongaro, koji je pre dve godine napisao dramat talijanski “Kraljević Marko”».

 

 

 

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